It was just a place like any others on the 47th, until it became, thanks to Andy Warhol, the symbol of 60'seclecticism: The "Factory" by Warhol.
They called it "silver factory", because the walls and ceilings were covered in silver paint and aluminum foil, combining the industrial setting with the brightness of silver, Warhol wanted to symbolize the values of America.
In reality, the factory's years went down in history as the symbol of a decadent lifestyle, carefree, full of drugs, parties and celebrities. Andy's signature was applied to art, screen prints, movies, shoes, sculptures and other objects, and all proceeds were used to finance the factory that Andy filled with money. Here gravitated big names like The Velvet Underground and Nico, Jim Morrison, Jackie Curtis, Mick Jagger, Betsey Johnson, Truman Capote and Edie Sedgwick, Warhol's muse of artistic expression and queen of the factory. All these characters were "art-workers", they helped him in its greatest artistic production, creating his paintings, acting in his movies and becoming part of a world where were free love, marriage-drag, orgies, amphetamines abuse, continuous creation of uncommon artistic elements were part of everyday life.
Ondine says, "I was in an orgy, and Warhol was, ah, this great presence on the back of the room. And this orgy was run by a friend of mine, and so I said," Would you mind hunt that thing out of here?"And that thing was actually kicked out of the room! When he came to me the next time he said: "No one had ever turned me away from a party. Don't you know who am I? "And I said, '"Well, I do not give a fuck about who you are. Simply you weren't with us. You were not involved ... "
The factory with its novelty and its extravagance was the challenge of Warhol against the narrow social vision of the country, the symbol of this place where art, creativity and destruction became a unique piece: the red couch, seen in numerous photos and films ("Couch" and "Blow Job"...), founded on a sidewalk of 47th street.
The factory became the profane temple of an innovative artist, amazing and crazy, still alive in his skills in influencing American culture.
Era solo un locale come tanti altri sulla 47esima, fino a che non divenne, grazie a Warhol, il luogo simbolo dell’ecclettismo degli anni 60: La "Factory" di Andy Warhol.
La chiamavano “silver factory”, aveva pareti e soffitti coperti di vernice argentata e carta stagnola, combinando l’impostazione industriale con la luminosità dell’argento, Warhol voleva simboleggiare i valori dell’America.
In realtà gli anni della factory sono passati alla storia come il simbolo di uno stile di vita decadente, spensierato, pieno di droga, feste e celebrità. La sua firma era applicata all’arte, alle serigrafie, a film, a scarpe, a sculture e a oggetti vari, e tutti i ricavi servivano per finanziare la factory che Andy riempiva di denaro. Qui gravitavano grandi nomi come I Velvet underground e Nico, Jim Morrison, Jackie Curtis, Mick Jagger, Betsey Johnson, Truman Capote e Edie Sedgwick, musa delle espressioni artistiche di Warhol e regina della factory. Tutti questi personaggi erano “operai dell’arte”, lo aiutavano infatti, nel suo periodo di massima produzione artistica, a creare i suoi dipinti, recitavano nei film e divennero parte di un mondo a se stante dove amore libero, matrimoni-drag, orge, uso di anfetamine, creazione continua di elementi artistici poco comuni erano parte della quotidianità.
Dice Ondine: "Mi trovavo in un'orgia, e Warhol era, ah, questa grande presenza sul retro della stanza. E quest'orgia era tenuta da un mio amico, e così gli dissi, "Ti dispiacerebbe cacciare quella cosa fuori di qui?" E quella cosa fu effettivamente cacciata dalla stanza, e quando venne da me la volta successiva mi disse "Nessuno mi aveva mai allontanato da una festa. Non sai chi sono io?" E io risposi '"Beh, non mi importa un cazzo di chi sei. Semplicemente non eri con noi. Non eri coinvolto..."
La factory con le sue novità e le sue stravaganze era la sfida di Warhol contro la ristretta visione sociale del paese, l’oggetto simbolo di questo luogo in cui arte, creatività e perdizione diventavano un unicum era il divano rosso, sfondo di numerose fotografie e pellicole("Couch" e "Blow Job"..), trovato su un marciapiede della 47th strada.
La factory divenne il tempio blasfemo di un artista innovativo, straordinario e folle tuttora vivo nella sua capacità di aver influenzato la cultura Americana.
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